martedì 11 agosto 2015

Un film al giorno/5

Dopo alcuni giorni di pausa rieccoci con un nuovo film di cui parlare. Restando in tema di futuro e IA, così come per Ex Machina, oggi scriverò di Her, una pellicola scritta e diretta da , che ha ottenuto molti riconoscimenti e vede una grande prova attoriale di che ritroviamo dopo il commento a Vizio di Forma.

RECENSIONE\COMMENTO: HER
(Solo una statuetta, Miglior Sceneggiatura Originale, è stata attribuita a Her rispetto alle 5 candidature)
Ambientato in una Los Angeles futuristica, ma non troppo, Her racconta la vita di Theodore Twombly (Phoenix) uomo solitario e, apparentemente, introverso. Le sue giornate sembrano monotone tra lavoro, di professione scrittore di lettere per altri, e utilizzo di device tecnologici (in questo futuro le persone tramite auricolare e dispositivo video portatile sono in grado di comunicare costantemente con il proprio computer, internet e altro ancora) che non lasciano spazio per vere relazioni interpersonali. Ben presto scopriamo che Theodore si è da pochi mesi separato dalla moglie, di cui è ancora innamorato, e per questo si è chiuso in se stesso. La sua vita ha una svolta quando, attratto da uno spot commerciale, decide di acquistare e installare OS1 il primo sistema operativo dotato di un'intelligenza artificiale e in grado di evolversi e adattarsi in base alle esperienze maturate con l'utente e il resto del mondo. Quella che potrebbe sembrare una semplice interazione uomo macchina ben presto si trasforma in qualcosa di più profondo e completo.

(L'installazione di OS1 è senz'altro più rapida di Windows 10)

Inutile inserire altri elementi nella trama di Her in quanto rovinerebbero la visione, consigliatissima, dove le due ore passano agevolmente in un turbinio di emozioni grazie alla sensibilità innata di Spike Jonze (regista tra l'altro di Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee e Nel Paese delle Creature Selvagge). Her, o tristemente "Lei" in Italia, è una pellicola che punta tutto sulla personalità del suo cast, notevole, con un Joaquin Phoenix in stato di grazia, la voce dell'OS1 Samantha doppiata da Scarlett Johansson (in Italia la voce è di Micaela Ramazzotti che si comporta, salvo alcune débâcle, egregiamente in questo ruolo), Amy Adams e Rooney Mara. Tutte attrici bellissime non c'è che dire, compresa una piccola parte per Olivia Wilde, ma anche brave. Oltre alla profondità della sceneggiatura e al super cast Her presenta una bellissima fotografia e un'ottima colonna sonora, oltre ad un ottimo montaggio coadiuvato da una regia ben salda. A differenza di Ex Machina l'intelligenza artificiale non è tangibile ma è dotata solo di voce e il messaggio è completamente diverso ma abbiamo qualcosa che accomuna le due pellicole: in entrambe la mente delle intelligenze artificiali viaggia molto più velocemente di quella umana e si espande in modo rapido e incalcolabile.
Non ci sono molte altre parole da spendere su Her, è un grandissimo film dotato di carattere, sentimenti e prove attoriali notevoli. La visione è consigliatissima in quanto non solo è un film che intrattiene grazie a una storia bella e ben scritta ma fa ragionare e interrogare sui sentimenti umani e sull'umanità in generale.

sabato 8 agosto 2015

Un film al giorno/4

Oggi vi lascio un commento abbastanza stringato anche perchè parlerò di una commedia francese leggera ma con classiche strizzatine d'occhio allo spettatore più smielato: La famiglia Bélier.

RECENSIONE\COMMENTO: LA FAMIGLIA BELIER

Già dalla locandina si intuisce che sarà un film per "famiglie".


Negli ultimi anni il cinema francese, al contrario di quello italiano, è riuscito a rinnovarsi rimanendo comunque nei confini delle sue tradizioni con commedie più allegre (vedi Giù al Nord) o più sofisticate (Cena tra amici) che hanno raccolto consensi sia da pubblico che da critica. Inutile dire che anziché prendere esempio da loro, i cineasti italiani hanno realizzato remake in chiave nostrana (Benvenuti al Nord e al Sud e Il Nome del Figlio) realizzando prodotti meno freschi e meno interessanti. Ma non voglio dilungarmi più di tanto a parlare della decadenza del nostro cinema perciò iniziamo subito con la trama de La Famiglia Beliér di Éric Lartigau.
Paula, protagonista del film, è una ragazzina adolescente che non ha ancora avuto le prime mestruazioni (credo sia un fatto quasi impossibile, vista la precocità dei giovani d'oggi, ma sorvoliamo) ma la sua vita non è normale come tutti i suoi coetanei. Paula è l'unico componente della famiglia a non essere sordomuta in quanto padre, madre e fratellino non hanno il dono dell'udito e della parola. Dunque Paula si divide tra scuola, casa e lavoro dei genitori, allevatori e produttori di formaggio, facendo da interprete tra loro e il resto del mondo. La vita della ragazza ha una svolta quando l'insegnante di canto del suo liceo, il signor Thomasson, riconosce in lei un talento innato per la lirica e fa leva su di lei affinché coltivi questo suo dono. Di pari passo con questa novità giunge il rapporto un po' ambiguo con un ragazzo della scuola anch'esso dotato nel canto, Gabriel. In questo bel quadretto adolescenziale si inserisce la decisione del padre di Paula di candidarsi a sindaco del loro paesino, in disaccordo con la linea politica del primo cittadino uscente, coinvolgendo dunque tutta la famiglia e in particolar modo la figlia, strumento essenziale per comunicare col resto dei cittadini.
Inutile dire che vista la disabilità di tre quarti della famiglia le scene divertenti saranno molteplici, soprattutto nella prima parte che ricorda una classica commedia spensierata. Nella seconda e ultima parte del film invece assisteremo a una focalizzazione verso i sentimenti di Paula e la sua maturazione, con il regista che punta tutto sulla sentimentalità più che sulla risata.
Inutile dilungarsi su aspetti tecnici o altro dato che la pellicola punta tutto su contenuto e recitazione, azzeccati entrambi, più che su virtuosismi o scene spassose.

La Famiglia Beliér è una commedia che sa far ridere e piangere nonostante in certi punti faccia troppa pressione sull'emotività delle situazioni adolescenziali e sul canto, componente che diventa quasi ossessiva nella parte finale del film. A ben vedere non farà ridere di gusto come i film di Dany Boon ma risulta comunque una pellicola gradevole e ben confezionata.

venerdì 7 agosto 2015

Un film al giorno/3

Quest'oggi parlerò di un film abbastanza controverso in quanto tratto dall'omonimo romanzo di Thomas Pynchon, scrittore tutt'altro che semplice. Il titolo? Vizio di Forma, un noir un po' grottesco, con venature ironiche e sprazzi di surrealismo. Come sempre il rischio di trovarci di fronte a un polpettone è sulla porta ma, stavolta, il difficile compito è stato affidato a un regista coi controca**i, perdonando il francesismo: (Magnolia, Il Petroliere, The Master giusto per citare alcuni suoi lavori).
 
RECENSIONE\COMMENTO: VIZIO DI FORMA

La locandina ricorda molto da vicino la copertina del libro da cui è tratto il film
La trama di Vizio di Forma potrebbe sembrare abbastanza lineare e rodata per il genere giallo\noir, ciò che non bisogna sottovalutare, però, è la varietà di intrecci incredibile che andrà a dipanarsi per tutta la durata del film.

Siamo nella Los Angeles di inizio anni Settanta e il protagonista Larry "Doc" Sportello, , è un investigatore privato non alcolizzato bensì strafatto (o, come spesso viene pronunciato durante il film, "fattone"). La "tranquilla" vita lavorativa di Doc viene stravolta dalla richiesta d'aiuto di Shasta (), sua ex fiamma, la quale si trova nel mezzo di un complotto per far fuori il suo amante, nonchè magnate dell'edilizia e miliardiario Mickey Wolfmann (). Costui rischia di essere internato dall'attuale moglie, aiutata dal suo amante, in modo da ottenerne la ricchezza.

Benicio Del Toro riesce sempre a essere una degna spalla di personaggi bruciati dalle droghe, vedi Paura e Delirio a Las Vegas, anche qui è  una sorta di avvocato.
Ok, la trama non sembra complessissima detta così ma, una volta iniziata la visione, gli incontri di Doc con i personaggi più disparati faranno sì che le sottotrame aumentino a dismisura. Siamo di fronte a un True Detective Season 2 in salsa tossicodipendente e grottesco quindi, fidatevi, senza una visione attenta (ma anche così sarà un'ardua impresa) rischiate di perdere alcuni passaggi. La complessità della pellicola, così come del libro da cui è tratta, è innegabile e spesso e volentieri si assiste ad alcune parti estremamente lente e macchinose che potranno far desistere alcune fasce di spettatori.
Sul lato tecnico il lavoro del signor Anderson è ineccepibile ma ciò che colpisce di più è la fotografia: rende pienamente giustizia ad ambientazioni e periodo storico con colori invecchiati e assolutamente attinenti agli anni Settanta.
Sulle prove recitative non ci sono dubbi: il cast stellare paga e lo fa a partire da Joaquin Phoenix, perfetto fattone, passando per comprimari quali o (qui vanta una piccola parte, ma si nota) giusto per citarne alcuni.
La colonna sonora è stupenda e arricchisce moltissimo Vizio di Forma, proiettandoci di prepotenza negli anni Settanta e accompagnando la maggior parte delle fasi del film, soprattutto inizialmente, mentre va lentamente a spegnersi nelle fasi finali, più oniriche e ponderate.


Che dire dunque su Vizio di Forma? Siamo di fronte sicuramente a una pellicola valida anche se abbastanza complessa e lenta. Merita la visione, con qualche riserva, grazie a un ricco cast, una salda regia e a delle musiche perfette. Se vi ha incuriosito la trasposizione cinematografica sappiate che il libro sarà molto probabilmente più complesso e macchinoso ma Pynchon merita la lettura soprattutto da chi, come me, ancora non l'ha fatto.

giovedì 6 agosto 2015

Un film al giorno/2

Il film di cui voglio parlare oggi è uscito da poco nelle sale italiane, passato un po' in sordina per via di titoloni quali Pixels (e voglio mettere da parte l'ironia perchè secondo me è davvero un film geniale quello) ma merita senz'altro la visione: Ex Machina.
E perchè, chiederete senz'altro, visto che risulta opera prima alla regia di  Alex Garland? Andiamo a scoprirlo nelle prossime righe, come sempre spoiler free.

RECENSIONE\COMMENTO: EX MACHINA
Il viso di Alicia Vikander è davvero ipnotico.
La trama di Ex Machina è molto interessante e sempre attuale per i nostri anni: Caleb Smith è un programmatore per Blue Book, [occhio alla citazione al libro blu di Wittgenstein che, per i profani come il sottoscritto, è tra i padri della logica e della filosofia del linguaggio] il motore di ricerca più utilizzato del pianeta (i paragoni con Google già si sprecano) e vincitore di una lotteria interna il cui premio consiste nel poter visitare e risiedere per una settimana nella magione di Nathan Bateman, magnate della società. Fin qui nulla di strano se non fosse che, una volta giunto nell'immensa proprietà del suo capo (viste le sconfinate foreste con tanto di montagne e cascate) e aver fatto la sua conoscenza, Caleb si troverà volente o nolente coinvolto in un test fuori dall'ordinario: mettere in atto il test di Turing su un prototipo di I.A. chiamato Ava.
Follia? Genio? Chi può dirlo ma ciò che è certo è l'aspetto di Ava il cui viso, stupendo, ipnotizza fin da subito il giovane e onesto Caleb (per una volta non si potrà dire che l'uomo guarda subito culo e tette nelle donne, vedi locandina e artwork).
Sotto il vestito fibra ottica, meglio di niente no?
A ben vedere la trama è abbastanza originale e tratta una tematica sempre attuale in questi giorni, i risvolti però saranno sorprendenti e quell'Alex Garland, alla prima prova da regista, dimostra in realtà la sua grande abilità di scrittura in fase di sceneggiatura (non a caso sono suoi gli script di 28 Giorni Dopo, Sunshine e Non Lasciarmi). Il cast ridotto a pochi attori è davvero sorprendente con nelle vesti del timido programmatore Caleb, il visionario e allo stesso tempo megalomane Nathan e, infine, lei già co-protagonista ne Il Settimo Figlio, fantasy mezzo trash e non troppo ben riuscito, la cui espressività è davvero importante in Ex Machina. A livello di regia ci troviamo di fronte a una buona prova con un montaggio funzionale ed effetti speciali usati nei punti giusti e davvero ben riusciti. La fotografia è apprezzabile, rendendo l'abitazione\laboratorio di Nathan claustrofobica al punto giusto e, allo stesso tempo, finestra su una natura incredibile e smisurata che si trova all'esterno.

Credo che sia palese la mia opinione su Ex Machina: è un film riuscito, semplice ma che nasconde nei dialoghi e nei gesti una grossa profondità. Uno di quei film che, per gli amanti della fantascienza non pacchiana ma non solo, lascia un bel ricordo e una serie di riflessioni dopo la visione.

mercoledì 5 agosto 2015

Un film al giorno/1

Capita, a volte, di tornare sui propri passi e riprendere le cose lasciate a metà, un po' come questo blog nato per scrivere di cinema e di altre cose che mi parevano interessanti. Da tempo pensavo di tornare a scrivere in digitale i commenti ai film che guardo al cinema, essendo regredito al vecchio carta e penna da diverso tempo, e ho colto la palla al balzo con quest'idea di scrivere il commento di un film al giorno, non necessariamente visionati in sala ma anche comodamente in TV o al PC.

Quale periodo migliore se non quello estivo dove l'oscurità della propria casa protegge dall'imperante calura? Ecco, per l'appunto, comincio con una pellicola uscita da poco nelle sale italiane e che ha fatto parlare di sè (ne siamo sicuri?) in quanto trattasi di un horror dalle tematiche apparentemente classiche: Babadook.

RECENSIONE\COMMENTO: BABADOOK
(I commenti positivi si sprecano, come al solito)
L'estate, si sa, è sempre stato il periodo migliore per buttare nelle sale italiane film horror o, come sta avvenendo negli ultimi anni, pellicole uscite da un anno o più negli Stati Uniti e che, per un motivo o per un altro, non sono state proiettate nel nostro paese. Inutile dire che la maggior parte delle volte si tratta di film di cui faremmo volentieri a meno ma, come si dice, questo passa il convento per gli amanti del cinema in sala. Fatte le dovute premesse parto col dire che Babadook appartiene alla prima categoria, l'horror, e apparentemente è stato apprezzato dalla critica ma sappiamo tutti che non è necessariamente una cosa positiva, vediamone il motivo.
Ciò che mi ha spinto a recarmi in sala a vedere il primo lungometraggio, e attualmente l'unico, dell'attrice e regista australiana è stata la mia passione per il genere horror e la mancanza di scelta nella mia città. Consapevole che i film con presenze soprannaturali ormai imperversano negli horror moderni ho voluto dare una possibilità a una pellicola che tratta una tematica classica ma lo fa in modo originale, l'uomo nero o, in questo caso, Babadook che spaventa le notti del giovane protagonista Sam (, 7 anni). 
Andiamo con ordine: Amelia è una giovane vedova che ha perso il marito in un incidente stradale. La particolarità è che la tragica morte è avvenuta durante il tragitto da casa all'ospedale per far nascere il primogenito della coppia.Abbastanza scontato il fatto che il bambino privato del padre, e nato in presenza di una tragedia, sviluppi una personalità che dire anormale è poco. Mentre Amelia soffre di un incubo ricorrente in cui rivive la notte dell'incidente, il piccolo Sam è convinto della presenza di alcuni mostri che lo perseguitano nel sonno, perciò inizia a costruire armi per la difesa (per quanto improbabile che un bambino di 6-7 anni sia in grado di fare ciò, per quanto intelligente) e, letteralmente, opprime la madre durante le notti privandola del sonno ristoratore. Per questo la credibilissima Essie Davis appare come una donna distrutta e particolarmente esaurita, diremmo noi, a causa della mancanza di sonno e dell'insoddisfazione nel vedere un figlio piuttosto folle. La svolta avviene col ritrovamente di un libro, Mister Babadook, casualmente rinvenuto nella libreria domestica e, sempre casualmente, di cui nessuno ricorda la provenienza. Finalmente il bambino individua il mostro che vuole far fuori la sua famiglia: madre, cagnolino (immancabile per aumentare l'angoscia) e lui stesso. Da qui in poi assistiamo ai classici cliché che porteranno la madre dal negare l'esistenza di Babadook al trovarsi fisicamente coinvolta nella vicenda, con un finale inaspettato e mal digerito dal sottoscritto e di cui non parlerò per evitare spoiler.
(Le illustrazioni del libro Mister Babadook sono davvero belle e inquetanti, lo riconosco)
Sul versante tecnico il film sfrutta molto bene la classica casa incasinatissima con vecchia mobilia e parquet in legno, particolarmente scricchiolanti, per indurre lo spettatore a provare un senso di oppressione e angoscia. La fotografia è discreta, niente di eccezionale, e fa il suo dovere con i classici giochi di luci e ombre mentre sonoro e musiche sono ormai quelle dei canoni horror: rumori assordanti e inquietanti, volumi che aumentano all'improvviso e brani quasi assenti (punto a favore questo, per creare un'atmosfera più claustrofobica). Il punto forte di Babadook è la recitazione: pensare che un bimbo di sette anni riesca a recitare così bene è quasi impensabile, il giovane Noah Wiseman non solo riesce a sembrare psicopatico ma è capace di farsi odiare profondamente nella prima parte del film. Allo stesso tempo riesce a far suscitare, in alcune occasioni, compassione ed empatia soprattutto nell'ultima parte. In egual modo la giovane mamma, Essie Davis, è credibilissima come donna frustrata e con una grossa crisi di nervi in vista, riuscendo a instillare nello spettatore la sua inquietudine e ansia per tutta la durata della pellicola (appena un'ora e mezza).
Purtroppo gli attori co-protagonisti non equivalgono i protagonisti. Ad esempio Claire, la sorella di Amelia, e le sue amiche, per non parlare poi del dottore, dei poliziotti ecc. tutti personaggi macchiette e stereotipate che in alcune occasioni, presentano situazioni grottesche. Ammettiamolo, se sono volute siamo di fronte a dei tocchi di genio così come le citazioni che si possono cogliere nella pellicola, a partire dall'aspetto del Babadook e di alcune situazioni, ma in verità c'è il timore che siano solo personaggi abbozzati.

Dunque, in conclusione, mi è piaciuto Babadook? Insomma, viste le premesse mi aspettavo un horror soprannaturale, con il classico uomo nero che spaventa i bambini, rivisitato e spinto da qualcosa di più fresco a livello di trama. Invece la pellicola di Jennifer Kent è riuscita a caratterizzare benissimo i due protagonisti, grazie anche a delle prove recitative credibili, ma poteva osare di più a livello di trama evitando di puntare tutto sulla parte finale, dove l'esplosione della follia diventa preponderante e l'angoscia e la paura si concretizzano. Il libro Mister Babadook è sicuramente da acquistare, a partire da quest'autunno e dopo una prevendita fatta nei mesi passati, dal sito ufficiale del film e può darsi che a lungo andare questa pellicola diventi un film cult. Considerando che negli ultimi anni il genere horror è andato declinando sempre più non mi stupisco, quindi, che alla prima opera decente si gridi al miracolo.