I problemi, già. Tutti a parlare di problemi ma lui non pensava fossero tali, era tutto risolvibile, bastava essere ottimisti e tutto sarebbe andato per il bene, se non altro almeno il suo. E così era arrivato al punto di dover compiere un'azione che non era da lui, contraria a qualsiasi suo principio e credo: doveva mollare.
Inutile girarci attorno, lui sapeva che le cose non sarebbero migliorate poi tanto nonostante questo gesto, e pensava che anche gli altri fossero d'accordo. Ma, del resto, era l'unico a poterlo fare, costretto a essere un martire. La sua consolazione era proprio quella, il martirio avrebbe attirato su di sè tutto il buono che aveva fatto, tutta la solidarietà e l'affetto della gente, della sua gente. Per anni aveva lottato per loro, o forse no. Ma comunque era sempre in prima linea, con la sua faccia pronta a smontare qualsiasi ostacolo. Così, dopo aver fatto quello che andava fatto, aprì la porta e già sentiva qualche fremito che presto avrebbe inondato di luce amorevole, pacche e cori festanti, il suo sacrificio. E invece no.
L'uscita di scena, delle più meschine, dalla porta posteriore con cori di gioia, ma non per esaltarlo bensì per umiliarlo, e poi gli insulti. Tanti, troppi e forse meritati, o forse no.
Che ingratitudine, diciassette anni con voi e nessuno che mai abbia avuto il coraggio di dire che non volevano lui ma tutto ciò che gli ruotava intorno. Ed è così che finisce, con cori da stadio, insulti, qualche monetina come nel miglior derby tra squadre rivali. E adesso chiudi la porta, in silenzio allontanati senza voltarti e senza ripensamenti.
Addio e a mai più rivederci.
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