Partiamo dal primo: Wolf Creek 2
Mick Taylor interpretato da John Jarratt svetta nella locandina di Wolf Creek 2 |
Seguito di un discreto horror australiano del 2005, diretti entrambi da Greg McLean, Wolf Creek 2 ha come punto in comune la presenza di Mick Taylor psicopatico nazionalista australiano il cui scopo finale è epurare l'amata Australia dagli irrispettosi giovani turisti e la presenza, seppur marginale, del Wolf Creek (enorme cratere lasciato da un meteorite centinaia di migliaia di anni fa). Tralasciando il fatto che dispone di una mira invidiabile, un senso dell'orientamento straordinario e, in generale, uno spirito di sopravvivenza che manco Bear Grylls, il cattivone di turno è davvero imbattibile. La trama del film è parecchio simile, apparentemente, al primo film con dei giovani turisti stranieri a spasso per l'Australia (in autostop, mossa molto saggia), purtroppo lo sfortunato incontro con il nostro Mick porterà all'inevitabile massacro (spoiler free, c'è da aspettarselo) già preannunciato nei primi 10 minuti della pellicola, assolutamente slegati dal resto del film ma poeticamente splatter. La cosa interessante di Wolf Creek 2 è che ci troviamo di fronte a un horror splatter\slasher molto veloce, capace comunque di sorprendere grazie alla comparsa del vero protagonista solo in un secondo momento (tralasciando il fatto che il reale principe del film rimane lui, Mick Taylor) e privo di cali.
Insomma se state pianificando di fare una vacanza in Australia ve lo consiglio, considerando che è vagamente tratto da una storia vera (il personaggio di Mick Taylor è liberamente ispirato a Ivan Milat, il più famoso e forse unico serial killer della storia australiana) come testimonia l'incipit che cita la sparizione di circa 30.000 persone ogni anno in Australia, noto paese ospitale per l'uomo (chi ha detto squali, ragni, serpenti ecc.?). In conclusione il film si lascia guardare, crea suspence in varie parti anche se non fa propriamente paura, a meno che non siate di stomaco debole nel vedere sangue finto a iosa e headshot.
Ed eccoci a The Lazarus Effect.
Olivia Wilde bella e dannata in questa pellicola. |
Approccio horror molto differente per The Lazarus Effect di David Gelb, regista abbastanza sconosciuto e che rimarrà nell'anonimato anche dopo questo film che vede, però, un cast di tutto rispetto. Gli attori sono infatti il punto forte della pellicola, giovani e interessanti come la protagonista Olivia Wilde, mentre il resto della crew attinge alle serie tv americane a piene mani. Ammetto che la vista di Donald Glover mi faceva sperare nella comparsa di Danny Pudi da un momento all'altro (non conoscete Community? Male) ma purtroppo non sarà così. Venendo alla trama siamo di fronte a un incipit già sviscerato al cinema anche se Gelb dimostra un pizzico di originalità: un gruppo di ricercatori effettua degli esperimenti su degli animali morti iniettando un siero (nome in codice Lazarus) in grado, in teoria, di riattivare i sistemi neurali e, di fatto, resuscitarli. Casualmente proprio quando la giovane videomaker (?) Eva inizia a girare un documentario sul lavoro di ricerca del gruppo, ci sarà una sorprendente svolta che porterà a una serie di eventi che accadono in rapida successione e che suscitano uno spontaneo "That escalated quickly" a fine visione.Qualche sobbalzo, grazie a scelte registiche abbastanza in linea con la tendenza horror moderna, è presente anche se, in generale, The Lazarus Effect non fa così tanta paura. Il suo più grande difetto, però, è quello di aver buttato alle ortiche un'ipotetica idea vincente e non aver sfruttato a dovere un discreto cast, preferendo personaggi macchietta e banalità da minestra riscaldata. Sicuramente meglio Wolf Creek 2 in questo caso.
E questo è tutto, alla prossima sporadica volta (che potrebbe essere molto presto se riuscirò a vedere The Green Inferno).
Au revoir!